L'Eritrel.

La Prima, Specchio di Ninfa.

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    Quando Èadbhard lasciò la stanza, Deidre non si diede pena di chiedersi se sarebbe tornato, ma si limitò a sprimacciare il cuscino e a seppellirvi dentro la testa. Pochi minuti dopo già dormiva profondamente.
    Un paio di mani delicate le scossero leggermente, per svegliarla. Aprì gli occhi per posarli sul volto di una delle donne di servizio del teatro. Non sapeva il suo nome la riconobbe immediatamente.
    -Andate in scena tra meno di un'ora. Dovreste iniziare a prepararvi.
    Scosse la testa e si tirò a sedere annuendo. Quanto aveva dormito? Doveva essere stata proprio stanca, eppure la sensazione di spossatezza non era svanita. Le disse che si sarebbe preparata subito e la seguì con lo sguardo sino a che non ebbe lasciato la stanza. Era tardi.
    Si alzò a fatica- come al solito la vista si annebbiò non appena si erse sulle sue gambe- e andò a sciacquarsi la faccia in un piccolo bacile vicino alla toletta. Si sedette poi dinanzi allo specchio e prese a spazzolarsi i lunghi capelli sino a che non divennero lucenti. Coprì le lentiggini con la pasta di cera che le avevano lasciato nel camerino e si massaggiò la faccia sino a renderla opaca e uniforme. Aveva ricevuto precise istruzioni su come si sarebbe dovuta truccare per entrare in scena ed era sua intenzione seguirle alla lettera. Ripassò il contorno degli occhi e inchiostrò le ciglia, dopo aver colorato le labbra di una tonalità più scura di quella che era solita sfoggiare. La sua pelle bianchissima, il cui candore era persino intensificato dalla cera chiara, contrastava con le labbra dipinte facendola apparire come un essere sovrannaturale. Si fissò nello specchio, riconoscendo a stento il suo riflesso: per gli oris alterare l'aspetto donato da madre natura era considerato fastidioso e estraniante e Deidre, nonostante amasse soffrire, non riuscì ad evitare il capogiro che la colse.
    Gli abiti di scena erano già tutti lì. Li indossò avendo cura di non rovinarli. Era importante che fossero posizionati nei modi corretti affinché che i cambi di scena non durassero più del necessario. La procedura le portò via una decina di minuti ma si rifiutò di chiamare una donna per aiutarla. Doveva stare da sola per ritrovare la concentrazione. Qualcuno bussò alla porta per avvisarla del fatto che si sarebbe dovuta trovare dietro le quinte entro cinque minuti. Non fece caso a chi era stato a parlare ma si limitò a confermare il suo essere quasi pronta.
    Drappeggiò il mantello sottile, l'ultimo indumento che avrebbe portato nella prima scena, sulle sue spalle e ancora una volta si fissò nello specchio. Uscì a passo lento, attenta a non inciampare nell'abito e si avviò verso le quinte. Gli altri erano già tutti lì ma non parlò con nessuno. Poteva sentire la tensione nell'aria. Inspirare, espirare.








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    Èadbhard Grenùye | Razza: Stregone | Livello: 2 | Scheda:

    Una chiave decisamente inutile: sbuffò. Raggiunse il camerino in fondo al corridoio e mise la chiave nella borsa. «Clavis Magna.» Pronunciò a bassa voce, in assenza delle persone, ormai dedite a prepararsi per conto proprio: lo Specchio di Ninfa era diventato silenzioso fino all’estremo. Aveva teso il palmo contro la serratura, con estrema noia e tanto gusto di poter sentire finalmente qualcosa muoversi dentro di lui. La porta si era aperta e lui ebbe accesso. Il camerino era più ampio di quello in cui era Deidre e possedeva addirittura un bel divano, oltre che una poltrona e due sgabelli vicino il grande specchio dalle rifiniture barocche. Il soffitto era colorato da un affresco decisamente carino ma questa era una cosa in comune con tutti i camerini del grande teatro. Abbandonò la borsa di pelle nera sul divano e a quel punto si avvicinò allo specchio, per l’ennesima volta. Si sedette sulla poltrona e poggiò un gomito sul bracciolo, abbandonando il peso della testa sul palmo della mano destra. Si guardò nei suoi stessi occhi annoiati e sentì l’assenza di qualcosa: capì cosa avrebbe fatto quella sera e solo il fatto di averlo deciso e schematizzato lo fece rabbrividire. Stava rispettando la legge, stava guadagnando onestamente; non gli dispiaceva guadagnare soldi senza fuggire da qualche guardia eppure… poté sentire l’angoscia ed il peso di sapere già come finirà quella giornata: reciterà molto bene, prenderà i suoi applausi, riceverà complimenti di giovani signorine d’alta borghesia venute a trovarlo nel suo camerino, il camerino dov’era ora. Già poteva vederle, dietro di lui, stupide ochette emozionate riflesse dal suo specchio. Roteò le iridi e comprese quanto sarebbe stata deprimente quella serata: e allora, alla fine di tutto, avrebbe intascato i soldi e avrebbe fatto ritorno al Black Cat, magari in compagnia di Deidre. Avrebbe seriamente dovuto prenderla come cavia per i suoi studi: era un soggetto interessante, figlia della Grande Madre e da essa rinnegata. Si voltò dunque verso la borsa, sorridendo quasi: aveva voglia di studiare. Si alzò e la raggiunse, aprendola ed estraendo un manuale rigido dalla copertina scarsamente impolverata. Era un libro vecchio ma Èadbhard riconosceva il suo ampio potenziale: da quella copia del Libro Nero aveva imparato tutto ciò che sapeva. Tornò alla poltrona e accavallò le gambe, poggiando il libro sulla coscia più in alto, poi giocherellò col suo orecchino mentre sfogliava le pagine e si ricordò che avrebbe dovuto toglierlo per lo spettacolo. Così fece, elegante, poggiando lo stesso sulla mensola di legno d’abete alla sua sinistra. Poi lesse, guardando le pagine del libro come se avesse perso nel vuoto il suo stesso sguardo, come se lo avesse venduto al diavolo in cambio della sapienza più occulta. Leggeva, abbandonandosi alla propria mente e capì cosa avrebbe fatto quella sera. Grenùye, infame, desideroso di una opposta quiete, voglioso di scandalo, di sorpresa, di espressione artistica, aveva letto ciò che quella sera non avrebbe dovuto leggere. Ma la porta tremò a piccoli colpi di nocche e lui chiuse il libro immediatamente, uscendo dal suo mondo e voltandosi con la testa verso quel rumore. Si alzò e rimise il libro nella borsa, poi pronunciò nel vuoto, avvicinatosi alla porta senza aprire. Una voce quieta, fin troppo. «Chi è che mi disturba?» Chiese a voce soppressa, immaginando quasi che ci fosse il peggiore dei demoni dietro quel legno lievemente scosso da nocche; ogni volta che apriva quel libro aveva come l’impressione che qualche oscura creatura fosse lì lì per fargli visita, per conoscerlo. Quando era molto più giovane desiderava stringervi amicizia. «Me-messere, ho la cioccolata che mi avete chiesto.» Disse una voce timida. Èadbhard aprì lentamente la porta, guardandola per farla rabbrividire - una delle poche volte che fu sincero con qualcheduno. Porse il palmo alla ragazza e attese che questa gli desse ciò che le era stato ordinato di dargli. «Va’.» La liquidò in malo modo, scortese, chiudendo la porta lentamente. Scartò la carta attorno la cioccolata ed iniziò a mangiare, osservandosi ancora allo specchio mentre masticava: la sua mascella andò in estasi e prestò attenzione al modo in cui essa si muoveva per triturare quel cibo maestoso. Era terribilmente buona, pregiata. Insomma, passò del tempo e la porta si aprì di nuovo, senza che nessuno bussò e lui s’irrigidì, innervosito. «Su, su, ragazzo, non abbiamo tempo da perdere. Gli attori sono tutti pronti, manchi solo tu.» Intervenne Bresha, espansiva, con l’enorme abito tra le braccia, che posò sul divano. «Forza, spogliati e voltati verso lo specchio, non perdiamo tempo!»



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    CITAZIONE
    - Dominio delle serrature [Clavis magna]
    Livello: 1
    Descrizione: Invocando la formula puntando il proprio catalizzatore verso la serratura, lo stregone può aprire senza particolari sforzi le porte o le può chiudere magicamente scatenando un lampo violaceo dal catalizzatore. Le porte chiuse magicamente potranno essere abbattute o aperte solo tramite incantesimi di potenza pari o superiore allo stregone che le ha serrate, o dallo stregone stesso.
    Durata: Finché non spezzato.
    N° di volte: riutilizzabile dopo un turno.
     
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    Lo spettacolo iniziò prima che ci fosse il tempo di rendersene conto. Non aveva sbirciato fuori dalle quinte per vedere quanto fosse pieno il teatro: sapeva già che era tutto esaurito e, in ogni caso, i volti degli spettatori irritati dall'attesa non l'avrebbero di certo aiutata a concentrarsi.
    Si chiuse in un angolo, cercando di ignorare il frenetico movimento intorno a sé e di modulare il proprio respiro. Era un esercizio simile a quello che aveva eseguito durante le prove ma la tensione era più forte. Lasciò fuori il rumore e si sforzò di entrare in uno stato di semi-trance creativa.
    Non prestò attenzione a Ronan, visibilmente nervoso, né a nessun altro degli attori o dei tecnici di scena. Sarebbe entrata di lì a pochi minuti. Ricordava le battute, le inflessioni, i movimenti. Al termine della seconda scena si alzò in piedi e si avvicinò alla quinta da cui sarebbe entrata. Ronan le fece un cenno di intesa prima di varcare la linea che avrebbe rivelato la sua presenza al pubblico. Pochi momenti dopo, con un sospiro, Deidre entrò a sua volta.
    Gli attori che interpretavano le guardie le indirizzarono alcune battute, si mosse verso l'uscita opposta senza rivolgersi loro, di fretta, scocciata.
    Ronan fu preciso all'inverosimile nel fermarla e Deidre si bloccò a pochi metri dalla quinta. Non avrebbe potuto andare meglio.
    -Ancora qui, Salina? Siete forse venuta...
    -A trovare mia sorella.
    Lo interruppe, rigida. La sua voce era secca, come se avesse voluto troncare il dialogo ancora prima che iniziasse.
    -Siete già venuta la settimana scorsa.
    -E tornerò anche la prossima, se piace al Fato.
    -Perché sottoporvi a questo martirio?
    -Non lo farò signore, arrivederci.
    Ancora due passi senza guardarlo, affrettati.
    -O forse godete della sventura.
    -Non vi ascolterò, arrivederci.
    Alzò la mano per fermarlo prima che potesse continuare a parlare, mostrando a lui e al pubblico la fasciatura bianca insanguinata.
    -Siete ferita.
    Ritrasse la mano, nascondendola dentro al mantello con un gesto ampio e rapido.
    -Una cosa da poco.
    La sequenza di battute successiva era molto veloce. Gildan cercava di trarla in inganno per farle ammettere che si era ferita praticando la magia nera mentre lei lottava per chiudere al più presto la conversazione. Si giunse rapidi agli scambi conclusivi.
    -Eppure ho sentito che molti stregoni offrono il sangue della mano sinistra nei loro rituali segreti.
    -Lo terrò presente, qualora dovessi incontrarne.

    -State andando a incontrare una di loro, in compagnia di una di loro..
    Un attimo di silenzio, Deidre lasciò che l'espressione confusa fosse lentamente sostituita dalla consapevolezza della grande accusa che era appena stata rivolta a sua sorella e a lei stessa.
    -Non ascolterò una parola di più.
    Sibilò, uscendo veloce senza voltarsi.



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    Èadbhard Grenùye | Razza: Stregone | Livello: 2 | Scheda:

    Le mani nodose di Bresha lo tastarono fastidiosamente mentre lo vestiva e il suo sguardo si fece triste e annoiato mentre si guardava allo specchio incautamente. Passarono pochi minuti e il vestito fu bello che indossato: pensò che fosse fortunato a non avere cambi d’abito ma la sua voglia di recitare calò drasticamente, così ruotò la testa un poco. Si sentì marionetta della costumista e in poco tempo fu raggiunto da una truccatrice, anch’ella non bussò ed entrò senza permesso. Macchine teatrali. Per un istante volle fuggire da quel mondo fatto di ingranaggi ben strutturati ma si diede un pizzico alla pancia, per così dire: l’arte lo chiamava, infondo. Alzò il mento, fiero del suo stesso “sacrificio”, mentre la truccatrice intervenne sul suo volto, rendendolo più pallido e facendogli delle striature d’ombra nera sotto gli occhi. Doveva ammettere che gli donavano parecchio. Del resto, nonostante macchine, era stato affiancato da gente competente. Bresha gli diede una pacca sul fondoschiena e lo invitò a raggiungere la compagnia poiché lo spettacolo sarebbe incominciato a breve: neanche il tempo di respirare. Non salutò le due donne e uscì dalla porta col suo abito plateale: anche solo quello, sotto la luce di una fiaccola, avrebbe fatto la migliore delle figure in scena. Raggiunse le quinte con grande sicurezza e fece il giro per arrivare alle quinte di sinistra, per raggiungere la sua prima entrata. Tutti erano in silenzio e lo spettacolo iniziò in poco tempo; non sbirciò per vedere il pubblico che già immaginava altolocato, aristocratico, pieno di arie vuote, semplicemente voleva fare il suo, sperando che quella giornata finisse col solo sacchetto pieno di quattrini. E con qualche sorpresa in più. Congiunse le mani e alzò la testa, per trovare quel minimo di concentrazione per sottomettere la scena al suo volere e lo spettacolo iniziò; un turbinio di voci, movimenti eleganti e coordinati, una regia che Èadbhard non aveva mai visto, non prima di farvi parte. Non aveva mai guardato uno spettacolo teatrale, in effetti, e si chiese come facesse ad essere così bravo pur non avendo studiato a fondo quell’arte, senza avere la più ampia cultura sul campo del teatro. Il ritmo era preciso, le cadenze musicali delle battute erano perfettamente legate e lui sarebbe dovuto entrare proprio in quel preciso istante, quel intenso momento. «Incompetenza. Il peggiore dei difetti.» I sicari tremarono, il cantastorie corrotto arretrò, pieno di vergogna. «Maledico quel giorno in cui condivisi i miei studi con quella stupida ragazza. Non li meritava!» Si lamentò, malevolo, come se la scena, sensibile alle sue parole, seminasse morte per ogni centimetro quadrato del palco. «Sono le mie scoperte e lei è una ladra! Le carceri avrebbero potuto fermarla, ma cosa dire di quella mocciosa? Sua sorella possiede la sua stessa natura. E non è costretta tra le sbarre… Se solo quella storiella arrivasse alle orecchie di quell’inutile strega, allora io ne sarei rovinato.» Il terrore negli occhi dei sicari che Edmiur aveva pagato. «La ragazza sa troppe cose e ve le ho riferite, mi duole ammetterlo. Io - non - voglio - che viva! Una cosa vi avevo chiesto di eseguire, ma a quanto pare il danaro non vi fa gola quanto i vostri stupidi sensi di colpa.» Si voltò verso il cantastorie, che si giustificava inutilmente. «Era così dolce, indifesa… io… non me la sono sentita, messere!» Secondi di silenzio: Edmiur covò nuovamente la sua crudeltà dentro sé, come aveva già fatto nelle prove del medesimo giorno, per poi farla fuoriuscire dal suo corpo con calma e naturalezza. Si avvicinò lentamente all’uomo. «Oh, vi prego, messere, pietà! Prometto di ucciderla, sì! La ucciderò, mi dia una seconda possibilità, solo un’altra! E vi prometto che sarò in grado di compiacervi!». «Oh tu, sprovveduto cantastorie, cosa conosci del mondo se non la tua stessa vergogna e le favole che tu, erroneamente, proponi come vere?» Lo afferrò per la gola, perdendo il suo sguardo nel suo. Mostrò ancora distuzione, nei suoi occhi chiari e corrotti, come specchio infranto dal peccato. La comparsa fece finta di affogare. Edmiur la lasciò cadere al suolo e, incurante, muovendo le dita elegantemente, come a pulirsi dell’azione tetra appena fatta, scavalcò il corpo del cantastorie che gli altri due sicari afferrarono. «Bruciate il suo corpo. Se non è ancora morto, sarà il fuoco a farlo.» Recitò senza voltarsi, uscendo di scena con passo deciso.



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    Loreena era davvero in forma. La sua voce vibrava e, insieme a Deidre, teneva ben incollati gli occhi degli spettatori sulla scena. Mentre l'attrice più anziana rimaneva immobile al centro del palco, Deidre si muoveva nervosamente da una parte all'altra, come le battute le imponevano: ora parlava, ora arretrava, ora alzava le mani al cielo e invocava il Fato per proteggere la povera sorella. La prima scena con Gildan era stata solo riscaldamento in confronto al ritmo e alle emozioni di questa.
    -E non è forse una bugia?
    -Una bugia dalle intenzioni sincere, mi perdoni per ciò che ti dico?
    -Ti perdonavo prima che peccasti, eppur ti odio per il silenzio: settimana dopo settimana son venuta qui a bere il miele della tua innocenza piangendo la tua sorte. Ma il miele non era che il nero veleno della menzogna e ormai ne sono inebriata. Anche ora che ti so colpevole non riesco a non crederti pura.
    -Perché lo sono! Fu Edmiur a...
    -E tu come agisti per fermarlo?
    -Salina!
    -Non voglio più sentirti.
    I movimenti andavano avanti veloci, senza interruzioni. Lo sdegno e la delusione affogati nel mare dell'amore tra sorelle, la paura. Il carceriere giunse infine a ricordare a Salina che il suo tempo era finito, così come la scena. Si mosse veloce. Buio. Di nuovo il cortile delle prigioni. Le macchine di scena per cambiare la direzione delle luci e la scenografia erano tra le più all'avanguardia di tutta Inglor: bastavano sei persone per gestire, tramite complicatissimi sistemi di leve, l'intero palco e tutti i cambi di scena. Il capo-tecnico prendeva uno stipendio da capogiro e Deidre non era stupita di questa scelta: lo spettacolo avrebbe perso moltissimo, senza quella magnificenza e spettacolarità.
    Gildan la aspettava già in scena. Deidre non fece in tempo a entrare che Ronan, leggermente in anticipo sui tempi stabiliti, iniziò ad attaccarla. La passione che la sua voce lasciava passare era così vibrante da disarmare. Inspirò, prima di fare altrettanto.
    Era come una tenzone, battute rapide e incalzanti, silenzi carichi di tensione e sguardi affilati. Quando le sfiorò la mano, sentì una piccola scossa dovuta all'emozione della scena. Gli parlò a pochi centimetri dal viso, lui si mosse, nessuno avrebbe saputo dire se per ucciderla o baciarla ma l'entrata del borgomastro sciolse l'istante e i due schizzarono il più lontano possibile dall'altro. Ancora minacce. Una frecciatina ben piazzata. Stringendosi nel mantello, Deidre uscì con uno sguardo altezzoso. Stava andando tutto bene.
    La musica dell'orchestra accompagnò l'ennesimo cambio di scena. La casa di Salina, dove presto Edmiur sarebbe andato a farle visita. Si sedette al tavolo con un libro in mano e lo aprì pensierosa.





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    Èadbhard Grenùye | Razza: Stregone | Livello: 2 | Scheda:

    Attese eretto dietro le quinte, maestoso agli occhi dei tecnici e di alcuni musicisti di scena che, ogni tanto, quando non avevano da suonare, posavano gli occhi al di là della quinta di destra. Non si curò di loro benché si accorse di essere guardato, piuttosto si concentrò sulla scena tra Salina e sua sorella, per alimentare le intenzioni e le condizioni del suo stesso personaggio: Edmiur aveva messo le radici in lui da molto tempo e ora cresceva dentro di lui, ma non aveva paura di perdere la propria personalità per colpa dello stregone che andava ad interpretare. La scena mutò ancora e ancora fino a che Èadbhard entrò, silenzioso, guardando a viso poco basso verso il pubblico. Il suo cammino era stato studiato come simbolo di morte, il suo incombere distruttivo, come un cattivo presagio, un corvo portatore di desolazione e caos. Le labbra si schiusero e il suo fiato portò nichilismo attivo, un dono oscuro che alimentò la scena. Il suo tacere si interruppe e Salina alzò lo sguardo dinanzi a sé, senza vedere Edmiur alle sue spalle. «Non dovreste essere qui», gli aveva detto. «Tuttavia i miei desideri me lo concedono.» Sollevò il viso, il dorso della mano fu portato elegantemente al mento, mentre l’altro sorresse il gomito del braccio a contatto con lo spigolo basso del suo volto. «Da stupida quale sei mi aspetterei un rifiuto, eppure in me nasce l’idea che ci sia del ragionevole, nella tua mente.» Ancora una volta la medesima pausa, che giocherellava con l’ansia e il dubbio della giovane strega oscura. «Voglio donarti l’immortalità e nuovi poteri che agevoleranno la tua eterna vita. Gli uomini cadranno dinnanzi alla tua forza e le donne marciranno della loro stessa invidia. Gli alberi tremeranno al tuo cammino e i popoli diverranno tuoi servi. Ti prometto tutto questo, ragazza, ma sai cosa desidero.» Stavolta Edmiur fu al suo fianco, sui suoi stessi piedi di ferro. Ma non la guardò, porgendo lo sguardo vuoto dinanzi a sé, verso una platea vuota. Le parole, malate di pece, risucchiarono il suo stesso fiato, piene di desiderio maligno, visibile dal suo sguardo perso. «Il sangue di tua sorella...» Tacque, attendendo la risposta della giovane, destinata alla morte.



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    Edited by Blaubart• - 7/10/2015, 22:46
     
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    Lo percepì alle sue spalle ancora prima che parlasse. Era sempre difficile distinguere la tensione scenica da quella della vita reale, ma per quasi un istante, Deidre si chiese se quel morso allo stomaco fosse dovuto a Edmiur o a Èadbhard. Anche i loro nomi erano simili, così come il fastidio misto a disagio che procuravano tanto in lei quanto in Salina. Ma era davvero quello il tempo per quei pensieri? Cosa le prendeva? Non c'era tempo per rimuginare in scena.
    -Non dovresti essere qui.
    Disse, infine, senza voltarsi e un poco in ritardo sui tempi provati. Quell'attesa così lunga, tuttavia, non sembrava dovuta a un lapsus o a qualche errore ma solo il naturale svolgersi dei fatti. Lui, al contrario, era pronto. Le battute successive si susseguirono senza pause né intoppi. Non si era ancora voltata verso di lui e continuava a guardare fisso un punto imprecisato dinanzi a sé.
    Non appena le parole "il sangue di tua sorella" furono pronunciate, Deidre si alzò di scatto lasciando che la sedia si ribaltasse dietro si lei e lasciò che il suo sguardo corresse a quello di Edmiur.
    -Andate via, mostro!
    Un sorriso amaro si sarebbe poi fatto largo sul suo volto, lentamente, mentre i suoi passi si sarebbero mossi all'indietro, prendendo le distanze da lui.
    -Oh, ma voi non siete reale. I miei desideri più oscuri hanno creato una buona copia di voi, messere, sembra persino che io possa...
    Allungò la mano con un gesto continuo e inverosimilmente lungo. Era una scena particolarmente significativa e Deidre tremava vistosamente.
    -Toccarvi.
    Concluse, infine, proprio mentre la mano bianchissima si posava sulla spalla di lui. Il contatto con il corpo fisico la fece inorridire: allora non era immaginazione! Scattò indietro. La rapidità di questo movimento avrebbe contrastato in modo incredibile con la dilatazione del precedente, le sue spalle andarono a scontrare contro la credenza: non poteva più indietreggiare, era in trappola.


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    Èadbhard Grenùye | Razza: Stregone | Livello: 3 | Scheda:

    « Oh… dolce Salina. » Esclamò, visivamente impietosito dalla condizione di lei. « La tua mente si fa così labile… » Disse, fintamente apprensivo, sorridente quel poco che bastava per manipolare in qualche modo la giovane strega oscura. La sua sanità mentale era resa splendidamente dall’attrice ed Èadbhard ebbe dal canto suo maggiore possibilità di interpretazione della condizione malintenzionata di Edmiur. Si avvicinò a lei e poggiò una mano sulla sua guancia; lei stette immobile, il suo sguardo perso, e lo stregone parlò ancora. « Non temere, ragazza… Tutto andrà per il meglio se solo tu ubbidissi. Tua sorella, lei, proprio lei, ti ha tradita. » Non staccò un attimo i suoi occhi dai suoi. « Tu ben sai che non osò fermarmi. E’ stata mia complice, e mia complice continuerà ad essere se non fosse che ora, quella che tu credi una pura sorella, non è altro che un demone desideroso di portarmi rovina… » L’espressione dello stregone si fece più crucciato, più pesante, come a sostenere il peso del mondo intero. Era tutto un gioco malevolo, ovviamente: Edmiur, in quel modo, desiderava fare leva su ciò che aveva saputo dal cancelliere che si era messo ad origliare l’incontro tra le due sorelle. « Salina… portami il sangue di colei che ti tradì e rinascerai dal mondo come portatrice di giustizia e verità. » E poi tacque, guardandola sorridente, con la maschera di un bambino ingenuo che nascondeva il più subdolo dei demoni ancestrali.



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    Tremò. Deidre conosceva quella parte con una precisione tale da non aver neanche bisogno di ricordare le battute, i gesti le parole. L'aveva provata con una foga e una riflessività abbastanza profonda da far sì che la parole uscissero dalle sue labbra senza esitazioni, come la naturale conseguenza dei pensieri di Salina. Arretrò di ancora un passo, scossa nell'animo come nel volto. Gerfiur era più alto di Èadbhard e il suo fisico più possente eppure l'effetto e il timore che le parole dello stregone suscitavano in lei non erano diversi.
    - La giustizia e la verità non mi interessano e il suo sangue non è che il mio sangue.
    La sua voce era di rado stata così profonda, il suo respiro rotto. Pronunciò quelle parole con una lentezza quasi snervante, mentre allungava il braccio verso il suo interlocutore e faceva scivolare giù la manica, scoprendo la pelle diafana del braccio.
    -Prendetelo, se lo volete. Non mi tirerò indietro.
    Piccole lacrime di tensione e paura riempirono i suoi occhi mentre si avvicinava, polso teso, al suo carnefice. Ma non sarebbe stato quello il momento. Si riscosse, ritirando il braccio e guardandolo dritto negli occhi.
    -Ma non oggi.
    C'erano altre cose che poteva provare, che doveva provare.
    --Non tratterò con voi, oggi. Tornate domani, avete atteso tre anni. Cosa sarà per voi una notte?
    Si strinse nel mantello mentre quello ribatteva, evitando il suo sguardo.
    La platea era nel silenzio più completo. Stava andando alla grande






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    Èadbhard Grenùye | Razza: Stregone | Livello: 2 | Scheda:

    Sorrise malizioso, Edmiur, a sentire quella presunzione. La ragazza offrì il suo sangue, appetitoso, che faceva gola allo stregone, il quale mosse il capo lievemente verso destra, pur tenendo il suo sguardo sorridente su di lei. Ma non sarebbe stato quello il giorno (o la scena?) in cui l’avrebbe reclamato per sé; Salina sarebbe morta un’altra volta, e sarebbe morta come tutti coloro. «Le notti passano silenti, Salina, ma cosa dire dei dubbi? La mia notte passerà quieta ma non la tua. Giungerò a te al nuovo giorno; non ascoltare i tuoi affetti, quelli finiranno con la morte. Ma l’immortalità, mia cara… quella giunge solo con il buon senso.» E sparì, sciorinando la lunga veste elaborata, voltandosi, fin troppo piano per dare l’impressione che fosse reale. Sparì nell’ombra e subito le scene si convogliarono. Gli spettatori non potevano fare altro che guardare, meravigliarsi, che lasciarsi rapire dall’interessante mondo del teatro, ma ben presto Èadbhard li avrebbe tenuti nell’aria, come si era ripromesso di fare. Erano arrivati all’ultima scena ed Èadbhard attendeva la morte di Salina, ora accompagnata al rogo. Quale piacere negli occhi di lui! Quale ebrezza in quegli occhi vuoti, quel mento quasi alzato: il giovane stregone dava l’impressione di essere ormai una statua priva di umanità, una bellezza vuota, un marmo levigato e mai misericordioso. Una persona ai suoi piedi, implorante. Quell’attore non era affatto male, avrebbe pensato Grenùye, se non fosse che era troppo concentrato su se stesso. Non è che una bambina, aveva detto lui. Buffo.
    «Le bambine, talvolta, causano problemi ai loro genitori… Per questo vanno punite con il sangue.»
    E fu gelo nella sala.



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    imaginarium43





    Cavan Keene sarebbe stato entusiasta. Il subentro di Èadbhard sembrava aver rinvigorito gli attori piuttosto che confonderli: persino i meno dotati stavano recitando al meglio dell loro capacità. La voce di Loreena non era mai stata così ferma e profonda e persino le comparse non avevano commesso un singolo errore. Deidre, da parte sua, era galvanizzata: l'adrenalina della scena pompava sangue al viso imporporandole le guance sotto al sottile strato di cerone.
    Il terzo atto giunse velocemente e, ancora una volta, Deidre si trovò a dividere la scena con Ronan. Reso muto dall'incantesimo di Edmiur, Gildan avrebbe cercato di dimostrare il suo amore a Salina con ogni mezzo, se ce ne fosse stato il tempo e se la giovane non fosse stata portata via dalle guardie pronte a condurla verso il suo ultimo viaggio. A quel punto della rappresentazione, era difficile non lasciarsi trasportare; il lungo congedo tra i due lasciò il pubblico con il fiato sospeso. Dietro alle quinte, la costumista represse un gridolino di orrore mentre una delle guardie strappava inavvertitamente un lembo della manica dall'abito di Deidre.
    Mancava una sola scena, quella del rogo, nella quale Salina sarebbe rimasta muta. Era praticamente finita. Non lasciò che il sollievo la distraesse dal suo ultimo compito, in ogni caso: doveva rimanere concentrata, dentro personaggio, anche per morire.
    Uno dei figuranti che interpretavano le guardie le strinse il braccio in una posizione innaturale e, sollevandola, glielo rigirò. Diverse ore dopo, Deidre si sarebbe chiesta come aveva fatto a non urlare mentre il dolore- quello inaspettato e rozzo, non l'arte che sapeva amare- prendeva il sopravvento sui suoi sensi, si sentì mancare per qualche istante. La scena, però, doveva andare avanti. Gli occhi le si velarono e, per qualche istante, le fu difficile mettere a fuoco le persone di fronte a lei. Probabilmente, il braccio sarebbe stato fuori uso per qualche settimana, al Balck Cat sarebbero stati furiosi.






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  12. Blaubart•
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    Èadbhard Grenùye | Razza: Stregone | Livello: 4 | Scheda:

    Non era stata provata in quel modo. Quella scena non era stata provata affatto in quel modo. Èadbhard sorrise malevolo nel momento in cui le candele attorno al rogo appena preparato dalle numerose comparse si accesero con ritualistici fiammiferi. Movimenti emblematici, ostensione dell’oggetto teatrale, sacro. Momenti che andavano vissuti in silenzio, poiché fuoco d’estrema attenzione che attraeva gli occhi incantati degli spettatori. Grenùye percepiva il silenzio come un arcaico regnante. Ma non l’avrebbe rispettato.
    La scena era stata provata in quel modo ma non fino a quel punto. La scena del rogo era finita, dopo lo strazio e i lamenti della protagonista e delle comparse che tentavano di imitare chissà quale forte dolore nel vedere quella martire sacrificata. Era ora il momento della sua vittoria e il buio arrivò, prima di accogliere la luce che lo avrebbe reso visibile agli occhi degli spettatori ansiosi e commossi dopo la meravigliosa scena di morte rappresentata tanto in semplicità quanto in efficacia. E vi era ora lui al centro della scena, col suo ghigno malvagio che pian piano si ampliava sul suo volto, graduale e perfettamente scalato nei tempi, per poi ridere, ridere male come un veleno che infetta una terra, una fattura che infetta le menti. Il cancro di una società di persone che vorrebbero fare del bene ma vengono assuefatti dal male.
    Rise, e iniziò col suo monologo di vittoria che quasi era poco comprensibile, poiché da testo andava pronunciato quasi come lo avrebbe pronunciato l’orco opportunista di un’antica fiaba, con cambi di tonalità degne di nota, improvvisi, acuti e bassi. Il suo corpo mutò il baricentro teatrale e lui elevò il mento per trasformarsi quasi in una cerva fatata elegante e sinuosa, prima di sollevare le braccia leggere e fragili, come un danzatore, e pronunciare quelle parole corrotte.
    «Umbra Imperium.» Le ombre si sollevarono dal suolo, si allargarono danzarono, presero la forma di demoni danzanti sul palcoscenico, come una tribù di morte.
    Gli spettatori urlarono stupefatti, eppure apprezzarono così tanto quelle figure innaturali creati dall’ombra, che quasi non avrebbero potuto distogliere lo sguardo nemmeno se stessero per sentire il calore di una meteora sulle loro teste.
    E poi quelle figure, quei demoni, svanirono nel nulla come fumo nero e disperso e l’applauso d’omaggio esplose nello Specchio di Ninfa. Tutti gli attori uscirono dalle quinte per essere investiti da quell’orda folle di spettatori soddisfatti e Èadbhard, fiero e orgoglioso della sua magia, godette della gloria. “Bravo! Bravo!” Le urla delle signorine, dei signori, si riferivano a lui. Ogni tanto si sentì il nome urlato di Deidre, che si congratulava con la sua interpretazione di Salina.
    Probabilmente Èadbhard avrebbe lavorato lì per un bel po’ di tempo.
    E via nei camerini.



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    CITAZIONE
    - Comandare l'ombra [Umbra Imperium]
    Livello: 1
    Descrizione: Invocando la formula e puntando il catalizzatore nella direzione desiderata, lo stregone sarà capace di dominare e plasmare le ombre: può quindi bloccare una magia o un potere basato sulle tenebre, purché sia di livello al massimo pari al proprio, oppure manipolare le ombre perché assumano forme illusorie e distorte rispetto ai proprietari.
    Durata: 1 turno.
    N° di volte: riutilizzabile dopo due turni.
     
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